I francesi consumano quattro volte di più di miele di quello che ne produce. Ma questo alimento è spesso oggetto di frodi che lo snaturano, soprattutto per l’aggiunta di zucchero. I mieli importati dall’Asia  sono spesso messi in discussione. Ma la legge dovrebbe prossimamente imporre l’indicazione di origine sulle etichette.

  • AggiornamentoMercoledì 28 marzo 2018 – La commissione Sviluppo durevole dell’Assemblea nazionale ha deciso, in occasione della riunione del 27 marzo, d’imporre la tracciabilità del miele, con indicazione delle origini sull’etichetta. Un passo apprezzato dall’Unione nazionale dell’apicoltura francese. Rimane da votare la legge comprendente questo emendamento.

 

  • Articolo originale pubblicato il 4 gennaio 2017

Il suo color del sole con riflessi d’oro sottolinea il suo valore, la sua trasparenza è simbolo di purezza. Zuccherato e sottilmente profumato, nutriente ed antisettico, rappresenta un alimento miracoloso. Francamente, che cosa c’è di più bello e buono del miele?

Eppure capita che non sia così immacolato come sembra. Secondo una  serie di test condotti dall’Unione Europea, i cui risultati preliminari sono stati dati a dicembre 2015, 32% dei mieli analizzati presentavano   una non conformità sospetta o accertata. In particolare, il 6% era stato diluito con sciroppo di zucchero e l’11% aveva probabilmente subito lo stesso trattamento. Tuttavia, nell’Unione Europea, nessuna ambiguità, miele designa un prodotto dall’alveare, senza nessuna aggiunta o qualsiasi mancanza. Ogni aggiunta di sciroppo di zucchero è quindi una frode.

I test europei hanno confermato le analisi realizzate in Francia dalla rivista Quoi Choisir nel settembre 2014: su 20 mieli “primo prezzo” acquistati in diverse catene della grande distribuzione, sei presentavano delle aggiunte di zucchero. Cioè quasi un terzo dei prodotti. Fine 2013, la DGCCRF (la Direzione generale della concorrenza, del consumo e della repressione delle frodi), constatava da parte sua, dopo inchiesta, che più di un miele su dieci aveva “subito l’aggiunta di zuccheri esogeni provenienti dalla canna o dal mais (fino ad una percentuale del 44%), o dell’acqua”.

“L’aggiunta di sciroppo di zucchero è la frode più classica perché è la più redditizia”, conferma Eric Jamin, responsabile dell’unità di autenticità nel gruppo Eurofins, uno dei principali laboratori che effettuano delle analisi del miele in Francia.

La Cina è il principale esportatore di miele nel mondo, e propone i prezzi più bassi

Nell’ambiente, la pratica è conosciuta da tutti. E si sa bene che questo “falso “ miele, o miele adulterato, proviene principalmente dalla Cina. “A prima vista, solo un massimo del 15% di miele cinese corrisponde alla nostra definizione di miele, stima Etienne Bruneau, responsabile della commissione qualità presso Apimondia, la federazione dei sindacati di apicoltori nel mondo. Si sa che i mieli a meno di 1,30 euro, 1,50 il chilo, non passeranno le analisi. Se si vogliono dei mieli che “passino” i test più recenti, bisogna pagare almeno 2,35 euro il chilo. Ed allora si può avere del vero miele, prodotto in Europa.”

La Cina è il principale esportatore di miele nel mondo e propone i prezzi più bassi. Secondo le cifre raccolte da Norberto Garcia, presidente dell’Organizzazione internazionale degli esportatori di miele, dal 2007, le esportazioni di miele dall’Asia sarebbero aumentate del 196%, mentre nello stesso tempo il numero di alveari sarebbe aumentato solo del 13%. A meno che le api asiatiche, e in particolare quelle cinesi, siano diventate molto produttive, la differenza è probabilmente  coperta dalla diluizione con degli sciroppi” spiega il professore argentino a Reporterre .

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Questo miele adulterato è consumato dai Cinesi, ma si ritrova anche nei reparti dei nostri supermercati. In Francia, la produzione nel 2016 è stata solo di circa 10.000 tonnellate, cioè almeno tre volte di  meno di trenta anni fa. Reporterre vi ha già esposto le ragioni di questo declino. Il consumo, si mantiene intorno a 40.000 tonnellate. La differenza è stata colmata raddoppiando le importazioni di miele dal 2004. La proporzione della Cina nelle quantità importate non ha fatto che crescere anch’essa, ed ha raggiunto il 22% di miele importato in Francia nel 2015.

Gli importatori sanno benissimo che si tratta di falso miele

I mieli di diversi paesi sono poi mescolati dagli importatori per assicurare  un gusto ed un colore stabile al prodotto, confezionati e poi venduti alla grande distribuzione. Spesso sono mieli  di  bassa gamma delle marche dei distributori. Sull’etichetta, nessuna indicazione floreale, salvo di “millefiori” o dell’origine geografica. L’indicazione più corrente è  miscela di mieli di origine UE e fuori UE … difficile essere meno precisi.

“Quando acquistano al di sotto di un certo prezzo, gli importatori sanno benissimo che si tratta di falso miele”,  assicura Etienne Bruneau. Giocano con la debolezza dei test ufficiali di qualità, che non arrivano a scoprire tutte le frodi. “In Cina, delle fabbriche sono capaci di fabbricare dei prodotti che si avvicinano di molto alla composizione del vero miele. Escono conformi, e rispettano i criteri legali”, indica Paul Schweitzer, che dirige un laboratorio di analisi chiamato il Cetam (Centro di studi tecnici di apicoltura Moselle-Lorraine). Durante la stagione morta per il suo laboratorio, delle volte di diverte ad acquistare dei mieli in commercio e a testarli: “Si trovano da 10 a 15% dei mieli che presentano adulterazione, e probabilmente è una sotto stima.”

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E ancora, proprio come i laboratori pubblici, non dispone oggi di una  tecnica con una migliore prestazione,  la RMN (risonanza magnetica nucleare). Eurofins, d’altra parte, ha investito. Il suo materiale più moderno permette  a Eric Jamin di rilevare “circa il 25% di non conformi.. Non si può garantire che i mieli che i nostri clienti ci chiedono di analizzare siano rappresentativi del mercato. Ma è una cifra elevata.”  D’altra parte, si può sperare che quando questi test sono  eseguiti prima dell’acquisto, chi confeziona decida di non acquistare il miele difettoso …

Rimane che è facile per un importatore far arrivare il falso miele senza che sia scoperto. Chi le fa in Francia? Il più grande confezionatore francese, Famille Michaud, non ha voluto rispondere alle sollecitazioni di Reporterre . Lavora con la Cina, ma ha anche un suo laboratorio con test RMN per verificare i mieli. Il secondo, Naturalim, invece, non ha esitato a rispondere alle nostre domande. Senza dubbio perché “è molto molto tempo, dal 2000 circa, che non importiamo più miele asiatico”, indica il direttore, Xavier Turlin. Preferiscono i  mieli dell’America latina, nei quali assicura non aver mai trovato la minima traccia di aggiunta di zucchero.

In effetti, “tutto dipende dalla serietà del confezionatore e della grande distribuzione”, riassume Etienne Bruneau. “Ma se si paragona la Francia con il Regno Unito, siete piuttosto ben protetti,  da voi si fanno delle analisi”, sottolinea.

Etichettatura più precisa sull’origine del miele

Rimane tuttavia che in un certo numero di casi, il consumatore è ingannato. Ma soprattutto il falso miele destabilizza il mercato e nuoce ai produttori del vero miele, gli apicultori. “Se un importatore acquista in Cina, non acquisterà il vero miele d’Argentina”, sottolinea Joel Schiro, presidente del Sindacato dei produttori di miele di Francia. Il miele venduto in fusti (piuttosto che direttamente) è il più colpito: “I confezionatori virtuosi sono troppo cari, non arrivano a vendere il loro miele, e quindi non ne acquisteranno neanche agli apicultori. Questi sono in pericolo, perché non solo producono meno miele, ma non arrivano neanche a venderlo!”

Una concorrenza che si ritrova anche nei reparti dei supermercati. “Nel reparto, l’apicoltore locale serve da alibi. Il 90% dei riferimenti sono costituiti da importazioni al prezzo da 10 a 15 euro il chilo, e il resto, è quello francese da 15 a 30 euro”, rimpiange Joel Schiro. “Tuttavia, si trova del miele presso il produttore a 5 euro il chilo, e potrebbe arrivare quindi a 10, 12 euro al supermercato. C’è un buon margine!”

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Da Naturalim, Xavier Turlin parla piuttosto di una “distorsione”  della concorrenza “Il consumatore ha di che essere interpellato sul prezzo del miele in Francia. E rischia di distogliersi dai prodotti francesi.” teme.

E’ quindi favorevole ad una etichettatura più precisa dell’origine del miele. E’ del resto quello che domandano i rappresentanti degli apicoltori: una tracciabilità totale dell’origine dei mieli mescolati nel nostro barattolo, con una indicazione sull’etichetta, o con un codice QR di cui basterebbe fare lo scanner  con uno smartphone. “Oggi, anche quando si acquista del miele in Ucraina o in Spagna, non si può sapere se prima era stato importato dalla Cina”. Precisa Etienne Bruneau. La proposta è stata fatta alla Commissione europea “ma l’argomento è stato rinviato. La Commissione in generale si oppone a qualsiasi pratica amministrativa supplementare”, rimpiange lo specialista. Per i golosi, la sola soluzione rimane quindi per il momento di diffidare dei mieli con etichette imprecise.

Come trovare il vero buon miele

  • Se acquistate in un negozio, scegliete di preferenza il miele con un’origine floreale e geografica precisa. Le frodi non sono assenti da questo tipo di miele, ma sono più difficili da camuffare. Evitate i mieli con l’indicazione “mescolanza di mieli di origine UE e fuori UE”.
  • Se acquistate direttamente presso degli apicoltori, questo permette di avere un tipo (miele di lavanda, castagno, acacia, abete) e un’origine ben precisa, ma fate attenzione lo stesso: un venditore che vi propone troppi mieli è strano! Fare cinque tipi di miele differenti rappresenta già un gran lavoro per un apicoltore ……

 

Fonte : Reporterre / Marie Astier / Marzo 2018

Foto :

. chapo: vasetti di miele. Pixabay (CCO)

. alveoli: Wikimedia (Emmanuel Boutet / CC BY – SA 3.0)
. api: Pixabay ( CC0 )
. raccolta: Wikimedia (Lubman04 / CC BY – SA 3.0)

Articolo da me tradotto dalla lingua francese –

.Il mio commento –

Sono una regolare consumatrice di miele, che utilizzo principalmente nel mio tè o nelle macedonie di frutta al posto dello zucchero. Il mio preferito è quello di castagno che non sempre trovo per una questione di  stagionalità. Sì perché anche i mieli sono fatti e proposti dall’apicultore secondo la stagione. Per i miei acquisti mi affido sempre ad un apicultore, in qualsiasi sede io mi trovi. Solo una volta o due, nonostante io sia un’assidua frequentatrice di supermercati, vi ho  acquistato anche  il miele. Non ho più ripetuto l’esperienza, forse perché troppo abituata ad un’altra  qualità ed ad un’altra ….. freschezza. Io lo pago all’incirca 6,50 euro il vasetto da mezzo chilo, 12 euro il chilo. Qualche volta con qualche piccola variazione non particolarmente significativa. Indicativamente quindi ormai so quale è il prezzo base di un miele presso l’apicultore.  Tuttavia non credo che tutti i mieli della grande distribuzione siano cattivi e che debbano essere ignorati, ma è meglio fare attenzone e …. metterci il giusto prezzo. Bisogna essere consapevoli di quello che si acquista e poi fare delle scelte ragionate e come si ritiene opportuno.

Alcune volte qualcuno ha delle perplessità per il miele prodotto nella mia provincia, a causa dell’inquinamento, ma a questo proposito vi invito a leggere il prossimo articolo che pubblicherò nel mio blog https://valentinamutti.wordpress.com. L’ articolo, a cura dell’apicultore Mauro Veca, era stato pubblicato nella mia newsletter  nel dicembre 2015.

                                                                                                                – VM –